Caribe, mon amour !

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In questo coinvolgente articolo di Anna ancora una testimonianza di amore per i Caraibi nella ormai “nostra” Costa Rica .

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Gli aeroporti sono tutti uguali e la prima sgradevole sensazione che ho sempre avuto appena atterrata è di non essere mai partita. Stessi colori, bar edicola, bagni, panchine, luci troppo forti e cartelloni di Coca Cola e Nestlè in qualsiasi paese del mondo. La globalizzazione del nulla. Un gruppo di taxisti si agitava dietro la barriera compatta degli assistenti turistici, che armati di cartelli e bandierine, strillavano allegri buongiorno e benvenuti nonostante fossero le due di notte.
Tutto quello che desideravo era un letto su cui sdraiarmi. Ore di ritardo a Milano, scalo a Francoforte e poi a Santo Domingo. La Costa Rica mi pareva un miraggio oramai. Avevo adocchiato un taxista ma la signorina, intuendo tempestivamente le mie velleità di fuga, mi aveva richiamata all’ordine con una fermezza gentile e una certa ostentata superiorità, che nessuno avrebbe osato contrastare, soprattutto alle due di notte.Obbedire sorridendo. Mi sarei lasciata trasportare dal tepore dell’aria. Mi sarei uniformata al gruppo. avevo sognato una vacanza in cui non fare e non pensare. Eccomi lì. Tutto organizzato. Un guasto al motore del pulmino che avrebbe dovuto accompagnarci all’albergo. Pazienza, il clima è delizioso, tutti gli assistenti si occuperanno di noi.

Anna_quadTre ore più tardi, ormai esausti, saliamo sul furgoncino, avviandoci lungo una strada curva e infinita,  circondata da foglie e fiori tropicali, scimmie e giaguari nella mia immaginazione e da un buio assoluto nella realtà. Guanacaste si materializza solo nei primi bagliori dell’alba.
L’ingresso hollywoodiano del mega albergo sulla spiaggia sembrava la versione disneyana della Reggia di Caserta. La signorina distribuisce chiavi e sorrisi, però alle sette del mattino il sole era già abbastanza alto perché avesse ancora senso andare a dormire, ma gli ordini erano stati perentori e pareva che fino alle undici e trenta fosse preferibile tenersi alla larga dalle aree comuni, “almeno fino a dopo in briefing, così vi spiegheremo tutto per bene”. Avevano già iniziato a trattarci come dementi, ma non potevo ribattere. Sei qui per rilassati, accetterò il mio destino di turista inebetito.

Tra le cose che detesto credo ci sia al primo posto l’essere svegliata dal suono del telefono, in particolare se ho alle spalle venti ore di volo, otto di fuso orario, tre ore di ritardo alla partenza e tre di pulmino rotto. Soprattutto se il motivo della telefonata non è una catastrofe nucleare ma l’essere in ritardo per il briefing. Avrei perso il briefing. Sconsolata, mi ero avviata alla ricerca di un caffè.  Mentre il mio cervello tentava di accettare il fatto di essersi risvegliato a Disneyland, io vagavo per il ristorante semi deserto alla ricerca di quella che la signorina all’ingresso mi aveva indicato come area caffé . Area Spaghetti con padelloni ricolmi di pasta tricolore, Area Pizza con pizze all’ananas e mango, Area Dessert con oggetti colorati di dubbia commestibilità, Area Frutta con più frutta che al mercato della frutta di Barcellona. Mi stavo guardando intorno con la sensazione che uno strato di polvere si fosse posato ovunque come una nevicata leggera. Stavo sospesa a mezz’aria, galleggiando nel vuoto. Non potevo essere lì. Oppure non potevo essere io.
caribeNiente caffè, comunque. Nel frattempo gli animatori stavano sospingendo una torma di turisti ai rispettivi tavoli, accerchiandoli dolcemente come fanno i Border Collie con le oche, l’ho visto in un documentario.
Mi sono ritrovata seduta sulla terrazza con vista su una piscina in stile Las Vegas, a sorseggiare un disgustoso aperitivo blu che mi stava già provocando un orrendo mal di testa. Intorno un divertimento artefatto ma generale.Un miscuglio di demenza e allegria. Rimpiangevo il Caribe che avevo lasciato a malincuore. Non era passato neanche un anno. Ma i silenzi, i colori, la guesthouse nella giungla: tutto era ancora vivido nella memoria. Questa voglia di comodità che mi aveva invece portata qui…
Animatori ovunque incombevano sulla mia tranquillità. I miei rifiuti a partecipare alle attività perdevano rapidamente in cortesia e si stavano trasformando in disarticolati grugniti. Intorno aleggiavano improbabili odori di creme al cocco e al mandarino ma l’aria si stava saturando dell’odore di un pesce che doveva aver già partecipato a numerosi pasti senza mai averne preso parte. Uno sguardo e un sospiro al buffet degli spaghetti scotti e il mio malumore misto tristezza si andava sciogliendo in una rabbia muta e disperata e iniziavo a guardarmi intorno con vero disgusto e pensare cose veramente disgustose dei miei allegri compagni di viaggio.
Quindici minuti più tardi ero seduta su un taxi con in grembo il mio bagaglio. “Mi porti nel Caribe, per favore”. “Ma? Ma… siamo a Playa Flamingo, ci saranno più di otto ore di viaggio!”.”Perfetto. Arriviamo giusto per cena. Voglio andare in un posto vero, con mangiare vero nei piatti e persone vere sedute ai tavoli”.
Caribe, mon amour !

 
 
 
 
 
 
 
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