Vivendo in Costa Rica ci siamo abituati alla presenza dei colibrì: ogni giardino ne ospita diverse specie, delle più di 300 esistenti, e lo spettacolo di questa piccola meravigliosa perfezione che succhia il nettare dei fiori e’ parte dell’ambiente in cui viviamo, ma sempre motivo di ammirazione e sorpresa.
Anche in Italia si parla, insospettabilmente, di colibrì: questa specie originaria del continente americano, che ha caratteristiche uniche e ricopre un ruolo fondamentale nei processi di impollinazione, viene studiata in un apposito centro del nord Italia, allo scopo di conservarne la specie, in pericolo di estinzione. Il Centro per la salvaguardia dei colibrì (www.centrocolibri.com) ha una valenza scientifica unica al mondo. Fondato dal biologo Stefano Rimoli, il Centro di Udine ha avuto nella scienziata Margarita Hack una presidente e anima vitale di grande valore, la quale ha sostenuto l’importanza e l’urgenza della conservazione dei colibrì e ha sostenuto la causa promuovendo in prima persona la battaglia per la sopravvivenza del Centro. Qui si trova l’ultima popolazione ex situ del mondo e, come spiega il direttore Rimoli, il Centro costituisce “l‘unica istituzione scientifica del mondo ad occuparsi scientificamente dei colibrì, i primi ad elaborare un protocollo scientifico per allevarli e preservarli dall’estinzione“.
Sebbene il centro sia situato in un’area geografica naturalmente inadatta alla riproduzione in natura di questi piccoli uccelli, il progetto prevede di studiare i colibrì al fine di creare protocolli di studio e protezione in grado di salvare quelli liberi nel loro ambiente naturale, spesso in zone in cui la salvaguardia del territorio e delle specie non è interesse primario dei governi. “Gli studi – spiega ancora Rimoli- non sono fino ad ora finalizzati alla reintroduzione in natura dei colibrì riprodotti in ecosistemi artificiali. Quello che ci prefiggiamo e crediamo utile per l’ambiente naturale, e’ creare il protocollo di studio sulla fisiologia di questi animali, ad esempio, quando si tratta di garantirne la sopravvivenza in condizione alterata, ad esempio una foresta bruciata e riforestata. E’ un tipo di studio che non può essere effettuato in situ ma che deve essere condotto necessariamente in laboratorio, dove sia possibile isolare un parametro e capire le priorità dell’animale“.
L’istituzione scientifica e’ stata anche artefice di riserve naturali in sud America, dove i colibrì vengono protetti in riserve già esistenti, quindi nel loro ambiente naturale ed ha ottenuto collaborazioni e riconoscimenti dai governi di Ecuador, Perù e Colombia.
Il colibrì e’ di uno degli uccelli più piccoli al mondo: il peso di una bustina di zucchero, tra i 3 e i 20 grammi, il piumaggio coloratissimo e la straordinaria velocità di volo lo distinguono da ogni altro simile. Il suo cuore batte a 1200 battiti al minuto, attività che gli consente una ripresa impressionante: in pochi secondi può infatti accelerare da 0 a 80 chilometri orari. Il battito d’ali si muove formando il segno dell’infinito, elica che gli permette di volare in retromarcia, unico uccello al mondo, e la rapidità del battito gli consente di rimanere sospeso immobile nell’aria.
Il metabolismo dei colibrì e’ complessivamente molto accelerato, motivo per il quale e’ costretto ad alimentarsi molto e molto spesso: ogni giorno si nutre di una quantità di cibo otto volte superiore al suo peso, succhiando il nettare di circa 1500 fiori.
Ecco perché abbiamo sempre l’impressione che siamo molto indaffarati e abbiano una gran fretta: e’ rarissimo vederli posati su un ramo, riusciamo ad intravederne la bellezza nei riflessi delle piume quando restano immobili a succhiare il nettare, ma in generale ci sfrecciano a fianco ad una velocità che non ci permette quasi di percepirne la presenza. Questa attività frenetica e’ continua e dipende dal fatto che il piccolo colibrì consuma molte energie al punto che rimanere senza alimentarsi per solo mezz’ora potrebbe rivelarsi letale per il suo delicato metabolismo. Durante la notte infatti entra in una sorta di stato di ibernazione durante il quale l’attività cardiaca si abbassa fino a raggiungere gli 80 battiti permettendogli riposo e risparmio di energie.
L’importanza per l’impollinazione e’ vitale per molte specie: i colibrì sono responsabili dell’impollinazione dell’85% delle foreste americane e, se si estinguessero, le foreste dell’Amazzonia, quelle Andine e la Mata Atlantica scomparirebbero nel giro di tre generazioni, creando un processo di desertificazione apocalittico. Si tratta della stessa funzione delle api di cui tanto si discute da decenni, trattando l’argomento come una questione ambientale secondaria, mentre sarebbe da affrontare come un problema di urgenza gravissima.
2 commenti
E’ proprio cara Roberta… ed è per questo che occorre divulgare queste informazioni.
Cari saluti
Alfredo
A quanto pare per la natura un esserino così piccolo è molto più importante di noi…quando lo capiremo, forse, sarà troppo tardi…