Il serpente di ferro forgiato accelera poco a poco sui binari della capitale. Nelle sue fauci, un uomo afferra con delicatezza una piccola barra nera e, con il piede, preme il clacson che avvisa il suo passaggio. Il coordinatore dei treni INCOFER (Istituto Costarricense Ferrovie), Carlos Valverde, è uno dei macchinisti più esperti del paese e oggi manovra il treno numero 2 che collega San Jose a Belen. È il referente del traffico ferroviario, l’uomo che deve evitare le automobili, gli autobus, i pedoni e le moto che gli attraversano il cammino ogni giorno. Nelle vie inestricabili di una città soffocata dal traffico, chi manovra il treno deve stare in equilibrio tra il riuscire ad arrivare in orario e il riuscire ad arrivare sano e salvo. Una volta, racconta di aver dovuto scendere dal treno e richiamare l’attenzione di una signora ferma sui binari, occupata a chiamare un’amica al telefonino. “Mi scusi, signora, mi farebbe spazio, che passo col treno?“.
Quando nel 1995 il presidente della repubblica Figueres stabilì la chiusura ufficiale dell’Incofer e della maggior parte delle linee ferroviarie, non solo si parlò di morte del treno come possibilità di sviluppo del paese, che soffre di un esagerato traffico su gomma, ma significò anche il licenziamento di centinaia di persone che con il treno avevano vissuto tutta la vita. L’impatto della chiusura non fu solo economico, ma anche emozionale. Molte persone erano affezionate al mondo del treno, alla vita che conducevano e avevano dovuto trasformarsi da macchinisti a contadini, carpentieri e muratori. Negli ultimi anni si è riaperta l’Incofer per la gestione del treno metropolitano, che conta pochi viaggi ma è molto amato dai cittadini. I macchinisti raccontano storie di mezzo secolo di lavoro, molte delle quali drammatiche, dato che quasi tutti sono stati testimoni di incidenti, persone travolte, scontri di locomotori.
Raccontano di esperienze memorabili, come quella avvenuta a Carlos Valverde parecchi anni fa, quando in una giornata di sole, con il treno per Orotina che viaggiava veloce, ad un certo punto attraversò una zona di ombra, coperta dalle cime degli alberi. Ritornando nella zona di sole, si trovò a pochi metri dal treno, gattonando sui binari, un bambino piccolissimo. Era troppo tardi per frenare e sapeva perfettamente che neanche il freno di emergenza sarebbe servito. Il cuore gli sali in gola. Il treno segui la sua corsa e incredibilmente il bambino continuò il suo gioco illeso. Molti anni dopo, passando per Orotina, il macchinista si fermò a pranzare in un ristorante, dove incontrò vecchi conoscenti di allora ed iniziò a chiacchierare con gli altri commensali sulle sorti dell’Incofer e sui bei tempi delle ferrovie. La cameriera di fronte a lui gli chiese se facesse il macchinista, e alla sua risposta positiva, gli sorrise, dicendoli “che combinazione, quando io ero piccina mi è passato sopra un treno”.
Puravida !