Inaugurata in Costa Rica la prima fabbrica di uova liquide. Ne avevamo davvero bisogno?

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Quando avevo sei anni, senza che me ne rendessi conto, nel senso che allora non mi pareva ovviamente un fatto positivo n’è negativo, vivevo a contatto con la natura e con i suoi ritmi in una maniera tanto serena che non ho mai più avuto occasione di provare, nonostante non abbia mai abbandonato il contatto con la terra.

Se mio padre decideva di preparare una frittata per pranzo, mi mandava in pollaio a prendere le uova, ancora calde nella casetta con la paglia. A nulla valeva l’obiezione che nel frigo già fossero conservate quattro uova. “Quelle sono dell’altro ieri. Le facciamo bollire e quando sono sode, le sbucciamo. L’uovo lo metti nella pappa del cane, e la scorza la schiacci bene a pezzetti piccoli e la mescoli nella pappa delle galline. Nella scorza c’è il calcio e loro hanno bisogno di calcio proprio perché la scorza delle uova sia bella dura, per questo le vedi becchettare i sassolini più piccoli, per il calcio“. Piccola perla di educazione alimentare.

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Oggi vedo sui quotidiani il faccione del Presidente della Repubblica di Costa Rica che inaugura soddisfatto la prima fabbrica per la produzione di “uova liquide” della Costa Rica. Ma ne avevamo davvero bisogno? Posti di lavoro, tecniche avanzate, macchinari modernissimi importati dall’Europa. Il solito bla bla. Pervasa da un vago senso di nausea all’idea dell’uovo liquido, mi informo. E scopro che ogni prodotto di pasticceria industriale, ogni gelato, ogni tipo di pasta, ogni e qualsiasi alimento che si suppone debba contenere uova, contiene invece l’uovo liquido, ovvero una poltiglia giallastra fatto si suppone di uova (dicono, sgusciate, pastorizzate, refrigerate) e quant’altro sia necessario aggiungere perché duri mesi senza trasformarsi in uovo marcio. Prodotto perlopiù importato dalla Cina attraverso numerosi siti on line che reclamizzano inquietanti confezioni in tetra pack di ogni forma e dimensione piene del liquido giallastro.

L’essermi tenuta lontana, durante i successivi quarant’anni trascorsi tra l’uovo raccolto nel pollaio e l’inaugurazione dell’uovo liquido in Costa Rica, dalle corsie dei supermercati di tutto il mondo, dai fast food, dall’insalata nella busta di plastica e dagli hamburger, a volte mi fa risvegliare in un’altra dimensione, fatta di polveri e liquidi, coloranti e conservanti che hanno superato di gran lunga la fantascientifica alimentazione delle pellicole americane che preconizzavano esseri umani capaci di nutrirsi di sole pillole e acqua.

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