La cultura rasta nel Caribe di Costa Rica

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« Voglio muovere il cuore di ogni uomo nero perché tutti gli uomini neri sparsi nel mondo si rendano conto che il tempo è arrivato, ora, adesso, oggi, per liberare l’Africa e gli africani. Uomini neri di tutto il mondo, unitevi come in un corpo solo e ribellatevi: l’Africa è nostra, è la vostra terra, la nostra patria…Ribellatevi al mondo corrotto di Babilonia, emancipate la vostra razza, riconquistate la vostra terra»

(Bob Marley)

Al solito baretto ci sono due rasta, seduti al tavolo vicino al mio e mi ritrovo ad osservarli, incuriosita dal loro aspetto anomalo: sono di pelle bianca, e parlano italiano. Abituata ai discendenti di cultura afrogiamaichina che popolano Puerto Viejo da duecento anni, mi chiedo se questi due abbiano idea di cosa ci sia dietro la loro bella e curata capigliatura pagata a caro prezzo in un salone alla moda milanese.

Non resisto. Gli chiedo gentilmente cosa li abbia spinti al Rastafarianesimo, non così comune in Italia. Gli sguardi allibiti che ricevo in risposta non ammettono replica. “Rastafariache?”. Insomma, non porterete quell’acconciatura come fosse una permanente! Rasta non è mica un taglio di capelli!. “Ah, no – mi risponde uno ridendo- e’ anche un po’ di marijuana”.

Ecco, quadro completo. Scommetto che l’anno scorso sono andati in vacanza in Giamaica. “Sai, l’anno scorso, in Giamaica, abbiamo capito che questo e’ proprio il nostro stile di vita”.

Ci siamo. Stile di vita. Proprio.

Sfodero il mio migliore sguardo da triglia e mi rifugio dietro la lettura de La Nacion. Ripercorro col pensiero la storia che dai tempi gloriosi dell’ Etiopia porta tristemente ai miei due vicini di tavolo. Scopriranno mai che i Rasta non si materializzarono improvvisamente con Bob Marley in Giamaica? Scopriranno mai che la loro maglietta non porta i colori di un’isola caraibica ma quelli di una nazione africana? Scopriranno mai che Ras Tafari, imperatore dell’Etiopia negli anni Trenta del Novecento, divenne il punto di riferimento per l’ affermazione del movimento etiopista, che già nel XIX secolo agitava molte comunità africane e della diaspora nera ?

foto 2Il Rastafarianesimo era una corrente di ispirazione cristiana che rivendicava il recupero della dignità culturale e nazionale degli africani, turbati dalla deportazione e dalla schiavitù, mediante il riferimento spirituale e politico all’Etiopia.  E’ una cultura, una maniera di intendere la vita, un movimento di carattere spirituale che coinvolge tutti gli aspetti della vita quotidiana dei suoi seguaci e si basa sul rifiuto dei valori imposti dal sistema dominante. In Giamaica si sviluppò come sistema negli anni Quaranta ed il reggae divenne la forma di espressione della cultura rastafari, un canto di speranza e pace con messaggi di protesta che invitano a lottare sempre per i propri diritti e non arrendersi mai. Il Rasta sa avere un vincolo sacro con Jah, con Dio, basato sulla pace, sull’amore e sulla fratellanza. L’uso della marijuana viene inteso come utilizzo di un’erba sacra che aiuta alla meditazione. I Rasta seguono una dieta vegetariana e non fanno uso di alcolici, tengono i capelli pettinati con i dreadlockcs come simbolo sacro biblico di purezza e forza.

Soffoco la tentazione e accantono la maestrina che vorrebbe interrogarli e rifilargli un bel tre in pagella, e li lascio alle loro certezze. “La’ ci sono più rasta – insiste quello- ma qui a Puerto si sta bene e la musica reggae non manca mai. Vedi? Ho anche la Rasta-Tshirt“. Rispondo con un’occhiata vaga e riaffondo nella mia lettura. Entra un Rasta Vero, mi saluta, stretta di mano e poi mano sul cuore. I due Rasta Pallidi gli fanno un cenno fraterno con la mano, tipo ciao-ciao, sotto il suo sguardo sereno e sorridente. “Hey, amico” lo apostrofa uno, facendo con la mano sulla bocca il segno di fumare. Rasta Vero guada Rasta Pallido e senza fermarsi entra nel locale canticchiando un vecchio refrain di Alpha Blondie. ” T’es pas obligé de fumer ganja pour être un rasta…

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