Ma a lei, quando le viene voglia di fare shopping?

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Anna Venturini ci propone una divertita riflessione sui bisogni e le aspettative della sua vita quotidiana, in un’ironica parodia pseudofilosofica dell’ora del del caffe’ 

……

“ … all’uomo non conviene considerare riguardo a se stesso e riguardo alle altre cose, se non ciò che è l’ottimo e l’eccellente; e inevitabilmente dovrebbe conoscere anche il peggio, giacché la conoscenza del meglio e del peggio è la medesima. ”

Platone

Sono le nove del mattino e come ogni giorno alle sette del mattino sto sorseggiando il mio caffè nero-amaro e scrutando i fiori tra il verde per cogliere il fruscio del battito d’ali del colibri che benedira’ la mia giornata.

Ma a lei, quando le viene voglia di fare shopping, scusi, ma come fa?”, mi chiede la turista in Ray-Ban e infradito firmate.

Il fruscio giunge invece dai miei neuroni.

Che il migliore dei mondi possibili non sia mai esistito, non esista certamente oggi e non esisterà probabilmente in futuro, visti i precedenti, si potrebbe dare come un dato di fatto. D’altra parte, ritenere en plein di vivere invece nel peggiore dei mondi possibili è quantomeno riduttivo e comunque controproducente, almeno a livello emotivo.

Il fatto poi che la complessità dell’universo non si possa più addurre come prova dell’esistenza di dio, dato che ormai la scienza dimostra quotidianamente con evidente chiarezza come l’estrema pianificazione delle cose non sia affatto diversa dal caos, sembra complicare ulteriormente la nostra percezione del mondo.

annaSi potrebbe anche considerare che per smontare le prove dell’esistenza di dio è sufficiente mantenersi nel più kantiano dei ragionamenti: chi voglia considerare i concetti di dio, anima e mondo cadrà in contraddizione, di conseguenza, volendo rimanere nell’ambito del razionale, sarà sufficiente non parlarne.

Ma chi può mai pensare di volersi mantenere al di fuori della contraddizione, se dalla contraddizione, dall’ambivalente, del conflittuale siamo circondati e permeati?

Il mondo quale appare a ciascuno si noi non è in quanto tale, è una visione dei nostri occhi, è un linguaggio del nostro pensiero. E per affrontare qualsiasi concetto bisognerà accettare a priori di cadere in tante e tali contraddizioni quali sono quelle del nostro essere. Il che non potrà che condurre ad un’ulteriore e inevitabile moltiplicazione della nostra percezione della complessità dell’universo, laico o religioso che ci appaia.

Così, freudianamente, la religione è diventata una nevrosi collettiva e la nevrosi si è trasformata davvero, oggi, in una religione individuale. Siamo continuamente angosciati da un senso di incomprensibile disagio, un anelito verso la vita felice che identifichiamo via via con il benessere economico, con la perfezione fisica, con l’affermazione sociale. Viviamo in realtà nella frustrazione dell’idea che la felicità sia possibile, ma non per noi, o non quella felicità lì, ben lontana dalla realtà che la quotidianità ci infligge, il che ci getta nello sconforto più assurdo, come se il nostro dolore fosse universale.

E galleggiando in quella sorta di doloroso piacevole autocompiacimento, come patetici eroi romanzeschi, consumiamo il quotidiano alla ricerca di palliativi fisici e psicologici che ci aiutino a lenire un dolore che a noi pare unico e sovrumano e che forse è solo fisiologico della quotidianità del mondo.

La sagoma argentata, brillante di verde e di rosso rimane sospesa immobile e in sussulto, per un istante infinito.

Mi scusi, ma a me, mica mi viene voglia, di fare shopping”.

 

 

 

 

 

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