E’ una domanda che mi viene rivolta spesso ma non riesco a dare una risposta sensata. Anzitutto perché non esiste nulla di più soggettivo e vago del concetto di “meglio” e “peggio” e poi perché davvero credo che ciascuno debba sentire, se la sente, una certa affinità con un luogo, soprattutto se sta progettando di viverci. Questione dunque, come ogni cosa, di punta di vista e di percezioni. Come dire: è meglio vivere sulla riviera romagnola, sulle coste sarde o sul tirreno ?
Questa premessa, è evidente, sottintende la necessità di fare esperienza diretta di questi due mondi affascinanti ma davvero differenti: il lungo litorale del mare dei Caraibi ricco di una esuberante vegetazione tropicale col suo entroterra montuoso e la vasta regione del Guanacaste che si snoda tra valli e colline con lo sfondo dell’ Oceano Pacifico.
Non amo molto ragionare per comparazioni, futile attività cerebrale che finisce sempre col limitare la nostra capacità di comprensione. Ma qualcosa vi devo pur raccontare e dunque iniziamo col dire che davvero parliamo di due realtà straordinariamente diverse per cultura, paesaggi, ambiente e qualità della vita.
Approfitto di un recente viaggio dai Caraibi al Guanacaste, sono almeno otto ore in automobile, per raccontarvi alcune alcune impressioni che mi ha suscitato. E dunque dovrete accontentarvi per il momento di queste.
Cominciamo dalla cultura e dalle popolazioni locali.
L’ area Caraibica cominciò ad essere trasformata da jungla impenetrabile in luogo abitabile solo dalla fine dell’ Ottocento. Prima gli afrodiscendenti, pescatori e cacciatori di tartarughe, costruirono alcuni villaggi di poche baracche. Poi, fino agli anni ’40, gli americani alla vana ricerca del petrolio costruirono ponti, strade, piste di atterraggio e piccoli moli. Nell’ultimo ventennio infine i turisti, soprattutto europei cominciarono a trasferirsi realizzando piccole iniziative imprenditoriali. Questa miscela, arricchita anche dalla presenza dei nativi, quasi tutti ubicati sui monti della Talamanca, è certamente uno dei tratti più caratteristici dei Caraibi.
Tutto ciò diviene solo un bel ricordo appena uscite dallo stretto corridoio che si snoda lungo il mare fino a Limon e ci si avvia verso San Josè, la capitale. E di certo, ancor di più quando, superato il ponte sul Rio Tempisque nel bel mezzo della Panamanericana, vi avvierete lentamente nella vasta regione del Guanacaste.
Quest’area, parte del Nicaragua fino alla liberazione dal dominio spagnolo nella seconda decade dell’Ottocento, scelse in quell’occasione di appartenere al territorio della Costa Rica. Qui la popolazione, riconoscibile ancora dai tratti somatici nicaraguensi, convive con apparente disinvoltura con l’ondata di americani che sono sbarcati su queste coste già dagli anni Sessanta e che non hanno mai smesso di “colonizzarle”.

Albero del Guanacaste
In alcune località gli insediamenti sono poderosi e vedrete solo insegne ed informazioni in inglese, nei bar e ristoranti sentirete parlare in americano e l’impronta delle costruzioni, soprattutto dei complessi alberghieri, non lascerà alcun dubbio su chi realmente vive li. Le comunità americane sono tuttavia spesso perfettamente integrate con quelle locali, non di rado collaborano coi loro progetti e danno un contributo volontario per la tutale dell’ambiente che è una risorsa importante per questi territori. La “Voz del Guanacaste”, scritto in spagnolo e inglese, è un bel giornale che mensilmente informa sui fatti e le iniziative di questa parte del paese.
E già che ci siamo parliamo di ambiente e paesaggi.
Anche su questo tema davvero due mondi diversi. Il clima piovoso e instabile dei Caraibi modella una vegetazione esuberante e straordinariamente varia e vitale perché in permanente germinazione. I paesaggi costieri sono quelli tipici della foresta pluviale che termina solo quando si incontra con le onde impetuose dell’oceano. Le spiagge sono immense, interrotte a volte da piccoli promontori e sempre piene di vita animale. I grandi parchi lungo le coste (Tortuguero, Cahuita e Manzanillo) e le enormi riserve indigene dell’entroterra fanno da barriera ad ogni tentazione di insediamento umano eccessivo ed il territorio appare punteggiato da case e piccoli edifici a vocazione turistica che scompaiono tra la vegetazione. I “paesi” mantengono le tracce della loro storia perché erano vitali e ricchi di cultura ben prima che il turismo facesse capolino tra le baracche e le “soda”.

Playa Carrillo
Qui vedrete due facce ben distinte a seconda di quando arriverete. Quella della stagione “secca”, più o meno da Novembre a Maggio, e quella della stagione delle “piogge” da Giugno a Ottobre. Un ritmo che vede ogni anno alternarsi paesaggi verdi ed esuberanti con paesaggi ingialliti da un’aridità sempre maggiore man mano che vi spostate a nord, verso il confine col Nicaragua. Il territorio si snoda tra mille piccole e grandi “lomas”, colline che si inseguono senza sosta separate da solchi d’acqua o ampie spianate di “pampa guanecasteca“ in cui prevale l’agricoltura e l’ allevamento del bestiame. Noi siamo arrivati a fine Novembre, una stagione di passaggio, bellissima, in cui l’esplosione del verde era ancora presente per effetto delle ultime piogge ma le giornate cominciavano a diventare straordinariamente calde e terse per i venti che spazzavano via gli ultimi cumuli di nubi.
Ma alla fine siamo in Costa Rica. E dunque non hanno proprio nulla in comune questa due grandi aree ?
Non direi. La gentilezza ed il sorriso della gente, la purezza e luminosità dell’aria, la povertà discreta delle costruzioni di lamiera e legno, sono il sottofondo che vi accompagnerà dovunque mostrando una bellezza che cambia la sua forma di continuo ma che proprio in questa mutevolezza esibisce la vera natura del paese.
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